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L'archivio del periodico fondato nel 1972
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RACCONTI

di Antonio Pirisi

DA BUTTIGHETTA LA ZUPPA INGLESE PIU’ BUONA DEL MONDO – CHIEDILO AI CHIERICHETTI DI PADRE SIMONE DELLA CHIESA DI SAN FRANCESCO


Alghero, 25 marzo 2021

Sempre una foto postata su fb (sul profilo di Maria Antonietta Caria) mi fa tornare alla memoria momenti felici della mia infanzia. L’immagine “seppiata” del Bar Caffè Pasticceria “Buttighetta” del Sig. Morittu (ciù Nino, detto appunto Buttighetta) dalle tende solari sponsorizzate CINZANO, con gli ombrelloni e con i tavolini e le sedie di vimini sul marciapiede mi accende un bel ricordo.
Il locale era posto all’inizio di Via Vittorio Emanuele, dopo il negozio di armi di “Pasquali”, sulla destra dando le spalle alla torre di Porta Terra. Difronte il bar di Useri dove c’erano i telefoni pubblici e i giardinetti di via Sassari con, al lato opposto, il bar “La Lucciola” (sempre di Morittu), famoso per le sale da gioco e i personaggi algheresi che nel tempo l’hanno frequentata, e in Piazza, prima dell’ottico Perella (per svoltare a destra in via Roma) il bar - gelateria di Solinas (gelati artigianali deliziosi, unici).
Insomma l’Alghero “Da Bere” degli anni 50 / 60 era tutta lì a un passo da casa.
Io questa immagine di Buttighetta la vedevo tutti i giorni guardando di sguincio dalla finestra del secondo piano dell’appartamento dove sono nato e abitavo in Via Roma.
Quel marciapiede per me segnava anche il volgere delle stagioni. Deserto in quelle fredde, appena animate, con solo i tavolini, nelle mezze stagioni e brulicanti d’estate sotto l’ombra degli ombrelloni e la frescura degli olmi (o altra essenza?) vicini.


Solo un episodio indelebile nella mia mente prima di entrare nel racconto che ci riguarda. Una sera di un giorno di “Tutti i Santi”, negli anni cinquanta, quando frequentavo le elementari, approfittando di una bella giornata di sole, mezza città si riversò al Cimitero, alla fine di via Vittorio Emanuele, per visitare i cari defunti in occasione della ricorrenza del due novembre, festa dei dei defunti appunto. Attorno alle tre del pomeriggio il cielo improvvisamente si annuvolò e cominciò a piovere, prima debolmente poi più forte e poco dopo a scrosci. Un diluvio. Dietro i vetri della finestra osservavo la scena. Il marciapiede davanti a Buttighetta che si intravedeva a mala pena era deserto. Passano pochi minuti quando vedo che improvvisamente viene invaso da una folla di persone, uomini donne e bambini tutti fradici, correndo, in fuga disperata, proveniente dal Cimitero e diretta verso il Centro Storico, passando da via Roma e via Gilbert Ferret. Senza ombrelli, in molti cercavano di riparasi tenendosi sul capo le foto “ingrandimento” incorniciate che di corsa avevano portato via da sopra le tombe (così si usava porre in quella ricorrenza) dei loro cari defunti.
L’anno dopo lo studio del fotografo “MORO” (sempre in via Vittorio Emanuele) avrà avuto un bel da fare a ristampare gli “ingrandimenti” delle foto (30x25) andate perdute, insieme alle cornici, sotto quella tempesta di pioggia di Tutti i Santi.


In città a quei tempi se dicevi “zuppa inglese” volevi dire “Buttighetta”. Attilio, il pasticcere faceva quel dolce che era il “più buono del mondo”. Anche noi a casa, due o tre volte all’anno, in occasioni speciali, acquistavamo la zuppa inglese di “Buttighetta”. Portavamo un vassoio in ceramica bianco decorato a fiori, e alla cassiera, Signorina Anna, ordinavamo quella delizia di un paio di chili. “Con o senza canditi?” ci chiedeva ogni volta. La risposta ovvia: con tanti canditi!
In città dopo i riti religiosi del Venerdi Santo, della Pasqua, e del Corpus Domini, le celebrazioni più seguite dai fedeli, al tempo, erano quelle di San Francesco e Sant’Antonio, entrambe officiate nella Chiesa dei frati di San Francesco. In particolare le processioni con i loro simulacri erano seguitissime. Sopratutto a quella di Sant’Antonio da Padova del 13 giugno, data la bella stagione, partecipavano migliaia di persone. Le strade venivano rallegrate con le coperte colorate che si stendevano dalle finestre da cui venivano lanciati petali di fiori sulla statua del Santo, posta su di un camioncino, ricoperto di drappi di seta bianca infiorati, scortata da quattro “Paggetti” in alta uniforme.
Io nella Chiesa di San Francesco facevo parte dell’Associazione dei “Piccoli Militi” e anche del gruppo dei chierichetti che assistevano alle messe e alle funzioni religiose.
Per guadagnarsi il posto tanto ambito di “Paggetto”, con tanto di divisa in velluto blu, calzettoni bianchi, cappello sempre blu guarnito da una montatura di coniglio bianco e spadino luccicante bisognava partecipare assiduamente. Poi Padre Simone faceva la scelta. A me toccò un paio di volte salire sul camioncino a scortare Sant’Antonio (che dopo tutto era il mio santo), ma quando successe ero talmente allungato che i pantaloni mi stavano alla “zuava” e di “cavallo” mi stringevano un bel po’.
Fu comunque un’esperienza indimenticabile.

Ma quello che non potrò mai dimenticare è quanto avveniva sempre dopo la processione. In tanti, il sindaco, autorità civili e religiose, personalità, addetti al servizio d’ordine, e noi “Piccoli Militi” e chierichetti, salivamo lo scalone che dal Chiostro portava ai saloni superiori dove ci aspettavano i tavoli imbanditi di ogni ben di Dio, tutto offerto da commercianti e semplici benefattori per festeggiare insieme a Frati che ci ospitavano.
In mezzo a tanta grazia troneggiava sempre la zuppa inglese di “Buttighetta”, che io sapevo riconoscere, e che a noi più piccoli ci veniva servita dalle “circoline” e dalle signorine del Catechismo.
Quel “pan di spagna” soffice che si scioglieva al palato, imbevuto delicatamente di “alchermes”, quella crema pasticcera (tanta) che sapeva di limone e di vaniglia insieme mista al “segreto” di Attilio, il buon pasticcere, la farcitura abbondante dei canditi della nonna e tanto, tanto croccante alle mandorle e pinoli rendevano strepitoso quel dolce che sembrava calato dal cielo.
Per alcuni dei miei coetanei era l’unico “peccato di gola” di tutto l’anno.

Nella foto del 1963, personale del bar “La Lucciola”, via Sassari, e bar “Buttighetta” via Vittorio Emanuele. Da sinistra: In piedi, Piero Pirisi, Luigi (noto Capottino) Francesco, cameriere (nipote di Buttighetta) Angelo (Paciunitta), altro cameriere stagionale, Attilio (pasticciere di Buttighetta). Seduti: la cassiera Sig.na Anna, Angelo Idili (cameriere Buttighetta). Ph. Courtesi Piero Pirisi

 

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