..it
BLOG -

L'archivio del periodico fondato nel 1972
dal Direttore Antonio Pirisi - On line dal 2001
x
RACCONTI
Xdi Antonio Pirisi
L’ALLUVIONE DI BITTI
QUELLO DI ALGHERO DEL ‘46 E IL PICCOLO “MIRACOLO” DI PADRE MANZELLA

Alghero, 2 gennaio 2021

Il recente tragico evento di Bitti mi ha fatto venire in mente un avvenimento che la mia cara mamma, da bambino, mi raccontava e ricordava ogni volta che ad Alghero la pioggia veniva giù più del normale accompagnata da vento, tuoni e lampi. “Speriamo che non succeda come nel ‘46”, ripeteva. Quindi cominciava a recitare una “Salve Regina”, accendendo un lumicino, un po’ per chiedere l’intercessione della Madonna e un po’ perché da li a poco (come spesso succedeva in questi casi, molti anni fa) sarebbe saltata la corrente elettrica (di Valsecchi) e andata via la luce.
Nel 1946 tra il 26 e il 27 ottobre in Sardegna si verificò un alluvione terrificante con moltissime vittime: alcune cronache ne riportano 37 tra Sestu ed Elmas e 4 ad Alghero.
IL RACCONTO
A quei tempi tra i credenti c’erano due usanze molto praticate: 1) battezzare il neonato lo stesso giorno della nascita (per liberare le anime dal purgatorio), 2) portarlo prima possibile da “Padre Manzella, a Sassari (per chiederne la protezione e “liberarlo da ogni male”).
Il 26 ottobre del 1946, avevo solo 26 giorni, infagottato tra le bende e il sacchettino del battesimo, con mamma, mia zia e anche madrina (cognata di mamma) e suo figlio, il mio cugino Nando, partimmo in treno alla volta di Sassari per esaudire la “Promessa”. Una giornata di autunno, dal punto di vista meteorologico apparentemente normale.
Le mamme devote, in preghiera, ci stesero entrambi sulla tomba di marmo gelido del “Fraticello miracoloso” e a conclusione del voto accesero un lumino nella cappella buia e fredda del piccolo santuario.
All’uscita dalla Chiesa, che allora stava in periferia, il tempo era cambiato improvvisamente in peggio. All’orizzonte verso Alghero il cielo veniva squarciato ripetutamente da fulmini e in lontananza si sentiva il rumore sordo dei tuoni. A passo lesto le mamme con noi in braccio tornarono alla stazione, mentre aumentava in loro la preoccupazione di un imminente temporale.
Il treno partì dalla stazione di Sassari alle 18,10 sotto una leggera pioggia. Alla stazione di Molafà era già un diluvio e la paura cominciava a serpeggiare tra i passeggeri. Qualcuno pregava, tutti gli altri ammutoliti. Un signore, seduto accanto a noi, cerca di infondere coraggio ai compagni di viaggio: “con questi due angioletti non ci succederà nulla di male”.
Alla stazione di Olmedo scende il capotreno e si informa sulla situazione ad Alghero. “C’è molta acqua” gli dicono, ma si può procedere, con attenzione (si saprà nei giorni successivi che alcuni ponti ferroviari sui torrenti erano crollati subito dopo il passaggio del convoglio). A causa dell’intensità della pioggia il treno è costretto a rallentare la corsa.
In prossimità della nostra città, da S. Giovanni in poi si procede a passo d’uomo. Momenti interminabili. L’acqua che prima filtrava dal tetto e dai finestrini ora entra abbondante da sotto le porte. Tra i passeggeri è terrore e disperazione perché dai vetri non si vede niente, si sente solo la pioggia scrosciare.
Finalmente si arriva alla stazione di Alghero, con molto ritardo, saranno più delle venti, in città diluviava dalle 19. Il temporale durerà per oltre tre ore.
La situazione è drammatica, il treno fermo sui binari è circondato dall’acqua alta oltre un metro. Il locomotore e i due vagoni passeggeri vengono investiti continuamente da un’ondata di acqua, fango e detriti.
La marea scura proveniente dalla zona alta di S. Agostino e Carrabufas, si ingrossa mano mano che attraversa via XX Settembre, via Mazzini e via Vittorio Emanuele e confluisce come in un fiume in piena in via Alberto La Marmora. La valanga d’acqua entra in stazione dal cancello in ferro del muro di cinta ma soprattutto dalle porte d’ingresso poste su Via Garibaldi, attraversa la biglietteria e gli uffici e fuoriesce dalle porte sotto la pensilina invadendo il marciapiede davanti alle rotaie e le sale d’aspetto (I^ e II^ classe), fino a raggiungere un’altezza, che supera i gradini e il pianerottolo del treno. Fortunatamente il livello al momento non aumenta perché la massa d’acqua riesce a defluire finendo in mare oltre il muro della “rimessa”, dove si erano create delle brecce.
Aperte a fatica le porte, che allora erano poste in testa e coda dei vagoni, l’acqua invade per circa trenta centimetri il pavimento già allagato tra le urla disperate dei passeggeri, tranquillizzate a fatica dai ferrovieri che gridavano: “state calmi, state calmi, fuori ci sono i soccorsi”.
A questo punto del racconto a mamma gli si inumidivano gli occhi ed esclamava: “Un miracolo!” (sottinteso di Padre Manzella).
Ecco il miracolo. Fuori sul marciapiede sotto la pensilina della stazione, affiancati ai due vagoni passeggeri, ad attendere il treno delle 18,10 da Sassari c’era una fila di “carri a cavallo” (quelli di legno con le stanghe e le ruote grandi) dei “carratunelz” (trasportatori) algheresi, mobilitati per i soccorsi dai parenti dei viaggiatori e dalle autorità cittadine. Su uno dei primi carri vicino alla porta del nostro vagone c’era mio zio e padrino, Antonio, il padre di Nando e mio padre che nella flebile luce delle lanterne gridava: “Maria, Maria, siamo qua non abbiate paura” per attirare l’attenzione di mamma. Ci presero al volo e ci misero sul carro insieme ad altri passeggeri. La salvezza si raggiunse una volta superato “l’ascat” (lo scalo di alaggio) dello Scalo Tarantiello dove le acque impetuose che confluivano da via Sassari e via Cagliari si riversavano in mare come un torrente in piena.
I carri con i passeggeri, quasi tutti abitanti della città murata, sempre sotto una pioggia battente, si radunarono a Porta Terra all’inizio di via Simon e via Roma, in attesa di capire quali strade del centro storico fossero ancora percorribili.
Ma noi, al terzo palazzo sulla sinistra di via Roma, avevamo la nostra casa, e finalmente ci eravamo arrivati sani e salvi.
Mentre per altri quattro sventurati abitanti le casette de “Las Concias” (le conce), in via Alberto La Marmora, proprio in prossimità della Stazione ferroviaria di via Garibaldi, la tragedia doveva ancora avvenire.
Quella sera del 26 ottobre del 1946.

P.S.
Questo racconto l’ho scritto di getto così come lo sentivo da molto tempo, con una certa emozione, alla maniera del Caro Michelino Chessa. Non me ne vogliano i puristi della lingua italiana e algherese e gli storici di professione.

-
<<< ARGOMENTI RECENTI >>>
RACCONTI
UNA FOTO - UN RICORDO - PICCOLE STORIE FAMILIARI E LA FETTINA DA “ZIO” UMBERTO TEDDE >>>
-RACCONTI
PER I BAMBINI DE “LU CARRE’ DE LA MALZET”
ERA FELICITA’ ANCHE FARE UN GIRO IN CALESSE >>>
CONCORSI
Dall'Archivio di Alghero Cronache
ANNI ‘70
1° PREMIO “ALGHE’ MIA" >>>
-

- ALGHERO
- 2021

- Il vecchio treno a vapore che collegava Alghero a Sassari
- (Nel riquadro) L’immagine di Padre Manzella (fb)
-



- FOTOGALLERY >>> 1 - 2 - 3 - 4

L'ARCHIVIO DI ------------------------------------

DAL 2001

PAGINE PER ARGOMENTI


CULTURA >>>
IL PUNTO AC > 0PINIONI >>>
POLITICA > LAVORO > ECONOMIA > FINANZA >>>
SALUTE > SCUOLA > SOCIETA' > BANDI > CONCORSI > PREMI >>>
SPETTACOLI >>>
SPORT >>>

L'ARCHIVIO DI -----------------------------


PRIMI TEMPI # ANNO I - N. 1 - 1972
PRIMA PAGINA

X
X
X
X


1966
incontri
1970
iniziativa politica
1971 - numeri unici
alghero cronache
1972 - periodico
alghero cronache